Bio

Rainer Marie Rilke diceva che “Ci sono molte persone nel mondo, ma ci sono tuttavia più volti, perché ognuno ne ha diversi.”

A me piace pensare che il mio vero volto sia ancora da scoprire e sia celato fra i volti che prendono forma dentro i miei quadri.

 

Nasco nel 1946 a Varese ed è a Varese che si svolge gran parte della mia vita: Scuola, lavoro, incontri e passioni. La mia famiglia era proprietaria di un locale storico della città. Crocevia di figure interessanti e punto di incontro per molti artisti conosciuti e amati dagli estimatori locali, ha attivamente influenzato la mia formazione. Vivere quella dimensione e sentirmi parte di un circuito fatto di personaggi, idee, aspirazioni e ispirazioni, mi ha spinto da sempre al confronto con coloro che potevano indicarmi la via cercando però al contempo il “mio” modo di dipingere. Sono gli anni ’70 quelli in cui, sperimentando tra materia e pittura, lavoro e porto avanti alcune tematiche che mi sono ancor oggi molto care. In particolare lo studio della fusione dei corpi e della ricerca disperata di unione e incontro in contrapposizione a una società che si muove allontanandosi dall’uomo. Un simbolo forse del disagio che provo nel sentire che l’arte tende a divenire sempre più un mestiere e un'attività commerciale condannata, in molti casi, a cavalcare mode e tematiche di tendenza. Credo sia da ricercarsi nel mio sentito distacco da questo tipo di approccio e nel profondo desiderio che nutro di dare forma a creazioni che “abbiano sempre e comunque qualcosa di profondo da dire” che ha preso forma la lunga pausa di riflessione da me vissuta artisticamente negli anni ’90. Periodo in cui ho dipinto prevalentemente per me stesso evitando l’aspetto pubblico e utilizzando altre mie capacità per raccogliere il necessario a mandare avanti la mia vita e la mia famiglia.

L'arte non doveva essere quindi mercificata ed io non dovevo sacrificare le mie visioni sull'altare del solo consenso economico. Questo pensiero è stato il mio fil rouge, la sottile linea che ho percorso in quel decennio come un equilibrista. Ho lavorato e ho atteso il momento nel quale sarei potuto tornare ad occuparmi solo delle mie emozioni e delle mie creazioni a tutto tondo e soprattutto... senza compromessi. E così, in quegli anni di crepuscolo, ho sperimentato l’abbandono della forma per concentrarmi sul colore affidando a lui tutte le mie sensazioni.

Solo verso la meta’ degli anni 2000 ho ritrovato la voglia di cimentarmi con le figure riprendendo antichi temi e sviluppandoli però verso nuovi orizzonti mischiando così i due stili. Avevo finalmente intenzione di tornare a far sentire la mia voce a livello globale e il tema che mi ha scosso e accompagnato in questa direzione è stato quello dell'indipendenza dal conformismo che permea la nostra società e che viene prevalentemente controllato dai mezzi di comunicazione. E' in questa direzione che si muovono i miei ultimi lavori. Il mio nuovo “grado zero” parte da un forte bisogno di unicità, dal desiderio di essere sé stessi, di essere veri e coerenti. Fedeli a un ordine superiore che soggiace alle nostre stesse esistenze. Aperti al mondo e alle sue sfaccettature, ma al contempo indipendenti e protagonisti e mai “comparse o figuranti” di una società che ci vorrebbe invece far muovere come fantasmi. Il chiasso di una civiltà scomposta in risposta al quale la voce delle mie tele fa risuonare il richiamo delle fantasmagorie che le popolano e che io dipingo per ricordare a me stesso e a chi le vedrà che “siamo qui e siamo reali” e che, grazie a ciò, possiamo creare ogni possibile realtà. Arricchendoci dei contributi che arrivano da un mondo sempre più interconnesso, possiamo migliorare le nostre esistenze. Possiamo uscire dalle notizie e dalle pagine già scritte per noi e dare vita alla nostra vite invece di farle scomparire indistintamente sullo sfondo trasformandoci in comparse, figuranti, apparizioni senza scopo o fantasmi.